IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sull'istanza  presentata  da
 Giovanni  Pietro  Brunello,  nato il 25 marzo 1945 a Conco (Vicenza),
 residente a Fontanelle di Conco in via Dosanti n.  2/B,  tendente  ad
 ottenere   il  beneficio  di  cui  all'art.  176,  c.p.  (liberazione
 condizionale) in relazione alla condanna di cui alla sentenza  emessa
 il 29 giugno 1994 dalla Corte d'Assise d'Appello di Venezia.
                              Motivazione
   Giovanni  Pietro Brunello, in data 24 marzo 1997, mentre si trovava
 detenuto presso la Casa di  reclusione  di  Padova,  tramite  il  suo
 difensore   di   fiducia   ha   presentato   domanda  di  liberazione
 condizionale.
   Si tratta di persona che e' stata  condannata  alla  pena  di  anni
 nove, mesi quattro e giorni uno di reclusione per i reati di omicidio
 volontario  e  minacce,  commessi  nel  settembre 1992. Dalla lettura
 della  sentenza  di  condanna  emerge  che  i   fatti   oggetto   del
 procedimento  sono  stati  integralmente  accertati,  che il reato e'
 stato commesso individualmente, con modalita' ed in  circostanze  del
 tutto estranee a contesti di criminalita' organizzata, e che gli sono
 state  riconosciute  le circostanze attenuanti generiche e quella del
 danno risarcito.
   In  relazione  a  tale  titolo  esecutivo,  ha  sofferto   custodia
 cautelare per un periodo pari ad un anno, dieci mesi, cinque giorni e
 detenzione  definitiva  per  due anni, tre mesi ed un giorno (dall'11
 maggio 1995 all'11 agosto 1997), data nella quale  il  magistrato  di
 sorveglianza  di  Padova  ha  disposto  il  differimento  provvisorio
 dell'esecuzione della pena ai sensi  dell'art.  684.2.,  c.p.p.,  per
 gravi  motivi  di salute); vanno inoltre aggiunte, per la presunzione
 di espiazione sancita dall'art. 54,  ultimo  comma,  della  legge  n.
 685/1975,  le detrazioni di pena per liberazione anticipata, concesse
 per complessivi 315 giorni. Risulta pertanto espiata piu' della meta'
 della pena inflitta e il residuo pena non supera i cinque anni.
   Va tuttavia rilevato che, trattandosi di  condannato  per  uno  dei
 delitti  indicati  all'art.  4-bis  della legge n. 685/1975, commesso
 successivamente all'entrata in vigore  del  decreto-legge  13  maggio
 1991  n.  152  (convertito  nella  legge  12  luglio  1991  n.  203 -
 "Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata
 e di trasparenza e buon andamento dell'attivita' amministrativa"), va
 applicata nei suoi confronti la norma contenuta nell'art.  2.2  della
 citata legge, che innalza ai due terzi della pena detentiva il limite
 temporale   minimo   per  accedere  al  beneficio  della  liberazione
 condizionale, limite temporale non ancora raggiunto dal  richiedente.
 Allo stato della normativa, l'istanza e' quindi inammissibile.
   Sul  punto,  il  difensore  ha sollevato eccezione d'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 2.2. della legge n. 203/1991,  in  relazione
 all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui la stessa norma non
 riconosce  la  possibilita' di accedere alla liberazione condizionale
 al condannato per omicidio volontario quando questo  abbia  espiatoil
 limite ordinario della meta' della pena. In particolare, ha lamentato
 l'irragionevole  disparita'  di  trattatnento tra l'omicida che abbia
 risarcito il danno e il condannato per uno o piu' reati per finalita'
 di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, che  si
 trovino  nelle  condizioni previste dall'art. 2 della legge 29 maggio
 1982,   n.   304   ("Misure   per    la    difesa    dell'ordinamento
 costituzionale"),   e  cioe'  che,  "tenendo  uno  dei  comportamenti
 previsti dall'art. 1, commi 1 e 2 (della stessa legge),  rendano,  in
 qualsiasi  fase  o  grado  del processo, piena confessione di tutti i
 reati commessi e si siano  adoperati  o  si  adoperino  efficacemente
 durante  il processo per elidere o attenuare le conseguenze dannose o
 pericolose del reato o per impedire la commissione di reati  connessi
 a  norma del n. 2 dell'art. 61 del codice penale". Per questa seconda
 ipotesi, infatti, l'art. 8 della legge n. 304/1982 prevede il termine
 ordinario della meta' della pena per  l'ammissione  alla  liberazione
 condizionale.
   Il   tribunale   ritiene   che  la  questione,  cosi'  posta,  vada
 considerata manifestamente infondata.
   Le due  norme  sono  ispirate  a  differenti  ragioni  di  politica
 criminale; inoltre, l'art. 2 della legge n. 204/1982 impone una serie
 di  condotte,  fra le quali anche la piena confessione, che hanno una
 valenza piu' pregnante e "politica" rispetto al semplice risarcimento
 del danno, che e'  fatto  da  ricondurre  ai  rapporti  fra  soggetti
 privati. Per completezza, si osserva inoltre che, nel caso di specie,
 il  condannato  ha  esercitato strenuamente il suo diritto di difesa,
 insistendo fino all'ultima fase del giudizio per un accertamento  dei
 fatti  e,  conseguentemente, per una qualificazione giuridica diversi
 rispetto a quanto ritenuto  nella  sentenza  definitiva:  se  nessuna
 censura  va  ovviamente  mossa a tale legittima condotta processuale,
 purtuttavia,  non  puo'   essere   riconosciuta   l'identita'   delle
 condizioni, cosi' come prospettato dal difensore.
   La  questione  di  legittimita'  costituzionale  va invece posta in
 altri  termini,  premettendo  alcune  considerazioni   di   carattere
 generale e sistematico.